La coscienza individuale emerge tra le fila del pensare contemporaneo come luce irrivelabile della singolarità rivelata, limite puro della storia nonché fonte di ogni atto dicibile e rappresentabile. Essa appare quindi come cardine del processo di responsabilizzazione, nonché indice di superamento sempre insuperabile del sè conoscente.
Allora considerata la statalità intrinseca di ogni fenomeno naturale e di tutta la naturalità, pare evidente la nostra’ impossibilità di operare sulle cose senza tener conto di una loro certa natura stabile (perché ogni azione per natura pretende al modo corretto della propria esecuzione, sia perché tale modo è corretto in dipendenza, dalla natura dello strumento usato e dalla natura della cosa soggetta all’azione).
Ciò mostra come il ruolo del giudizio umano sulle imperfezioni umane sia utilmente inutile, esattamente come la scienza logica nell'atto di giudizio.
Se non distinguere è controprincipio dell'esistente, allora la distinzione è atto primo è volontà assoluta della vita stessa.
L'immagine di un cosa non fa si che la cosa immaginata venga ad essere, dopo l'attenta disambiguazione, ontologicamente immaginaria.